
Di acqua (e foglie)
intervista a Marta Del Grandi
a cura di Alessandra Mammoliti
Se dovessi associare un elemento naturale al suono che fa la voce di Marta Del Grandi direi acqua: capace di farti rimane immobile mentre si osserva il percorso che traccia, mentre si insinua anche lì dove non immagini che un rivolo lento possa arrivare.
L’ascolto è morbido, al punto da appoggiarti ai pensieri della cantautrice originaria di Abbiategrasso che al telefono mi dice che ha sempre frequentato Milano: città in cui si forma come musicista e allena l’orecchio. Poi dall’hinterland lombardo si sposta all’estero per circa dieci anni. Torna in Italia e sale sui palchi più attenti alla musica; tra gli ultimi (il 9 agosto) quello dell’Ypsigrock di Castelbuono.
Giovedì 3 ottobre, a quasi un anno di distanza dall’uscita di Selva, pubblicato dall’etichetta Fire Records il 20 ottobre 2023, Marta Del Grandi sarà al Retronouveau di Messina con la sua band per accompagnarci in questo bosco fitto di arrangiamenti e canzoni sussurrate. «Sono stati dodici mesi veramente intensi, – dice Marta –, a volte molto impegnativi da tanti punti di vista, sia lavorativi sia personali perché il tour è una dimensione totalizzante, che ti assorbe completamente; un tempo che non è mai uguale. Sono molto contenta della risposta a Selva: non mi aspettavo di lavorare un anno con questo disco; ormai si sa che il ciclo di un album dura poco. È stato molto sorprendente quello che è successo. È stato interessante vedere crescere le canzoni: quando scrivo i brani hanno un significato ma non hanno ancora un’anima, poi quando li arrangio per portarli in giro diventano qualcosa di diverso. Li suono in un modo che ancora non avevo conosciuto».
Un disco, il secondo dopo Until We Fossilize (2021) e diversi singoli e collaborazioni tra cui quella con i Casino Royale per Copsiro, in cui i brani sembrano arrampicarsi su alberi altissimi, fatti di rami distesi in aria, con fiori che si fanno osservare con calma e altri che si lasciano toccare dalla luce che filtra dall’alto.
Marta Del Grandi da acqua si fa foglia
in mezzo a una vegetazione che dice di storie diverse come Snapdragon che sembra quasi una danza tribale o Polar Bear Village che interrompe il viaggio quando hai ancora voglia di vedere da che parte porta quel sentiero.
«La scelta della lingua inglese – continua la cantautrice –, l’ho sempre avuta per le influenze anglosassoni che ho nell’ascolto e, in generale, per la mia vita: ho vissuto tantissimo parlando in inglese e continuo a farlo. L’inglese è una lingua morbida e malleabile: si presta molto a essere utilizzata sia in modo figurato sia in modo musicale, anche per le linee melodiche che scelgo. Cerco di coltivare anche la scrittura in italiano (come succede in Cospiro, nda), per un esercizio mio; mi piacerebbe scrivere in italiano ma è una cosa che deve succedere nel momento giusto».
E The Best Sea è l’anticipazione di un nuovo lavoro discografico? «In realtà è una coda di Selva: un testo che non era stato inserito nel disco ma che fa parte di quella narrazione. Non posso ancora dirti molto, non perché ci siano grandi segreti ma perché siamo in una fase embrionale del disco nuovo». E allora lo aspettiamo, senza fretta.
Tra gli ultimi progetti di Marta Del Grandi anche First Swim: il brano, realizzato per una performance della Milano Design Week, è stato inserito nella compilation Heartists for Palestine i cui fondi sono interamente devoluti alla PMRS (Palestinian Medical Relief Society), organizzazione per l’accesso all’assistenza sanitaria fondata nel 1979 e presente su tutto il territorio palestinese.
È come se sei tu ma non sei più tu
recensione di Vermiglio di Maura Delpero visto al Multisala Iris.
a cura di Giulia Cavallaro
Il 19 settembre è arrivato nelle sale italiane Vermiglio, diretto da Maura Delpero e premiato a Venezia con il Gran Premio della Giuria e candidato alle nomination degli Oscar 2025 come Miglior film internazionale.
La pellicola, una coproduzione tra Italia, Francia e Belgio, è ambientata in un paesino tra le montagne trentine – Vermiglio – e il punto di svolta della trama è l’arrivo di Pietro (il messinese Giuseppe De Domenico), un giovane soldato siciliano reduce dalla Seconda guerra mondiale. Pietro entra a contatto con la famiglia Graziadei e instaura una relazione inizialmente clandestina con la primogenita Lucia (Martina Scrinzi). Quello che però la famiglia trentina non sa è che il giovane siciliano nasconde un grande segreto.
Vermiglio è un film intimista, raccolto, in cui i dialoghi sono sussurrati o spesso assenti. Il silenzio della morte impera nella famiglia Graziadei e in tutto il paese. L’orrore della guerra si percepisce dagli sguardi persi di Pietro, che su queste stesse occhiate spaventate intreccia il suo rapporto d’amore con Lucia. Nonostante loro siano i protagonisti della vicenda, però, Maura Delpero non dimentica di rendere nitide le altre figure che ruotano intorno alla storia dei due innamorati. La caratterizzazione dei personaggi non viene lasciata al caso e sicuramente una tra le figure che colpisce di più è Ada Graziadei, la sorella “di mezzo” della famiglia vermigliana: una giovane che tanto sembra avere in comune con la Modesta di Goliarda Sapienza.
La regista bolzanina non racconta una famiglia eccezionale, spesso sfrutta inquadrature strette per far sembrare ancora più sovraffollati gli interni di casa Graziadei. Sono molte anche le inquadrature in esterna, in cui emerge uno degli aspetti più interessanti e affascinanti del film: la fotografia che permette di addentrarsi nel clima della pellicola. I colori che dominano negli esterni, infatti, sono quelli glaciali della neve e anche quando l’ambientazione si sposta all’interno i toni sono particolarmente freddi. Questo aspetto non è immutato: quando arriva uno dei momenti di svolta della storia, il matrimonio tra Pietro e Lucia, ad esempio, i toni si fanno più caldi, ma mai pienamente vivaci. A questa scelta si accosta quella particolarmente suggestiva delle musiche: si tratta per lo più di brani classici, molti dei quali direttamente dal repertorio di Chopin, tra i tanti. Questo permette di caricare di pathos scene già di per sé molto dense già dal punto di vista visivo; e questa tendenza si alterna ai silenzi di un film che non ha e non vuole tante parole. Il film, in completa continuità e adesione alla sua poetica, finisce al buio, in un silenzio intimo, nell’anonimato di una vicenda che non è mitica, ma che comunque è degna di essere raccontata.
Vermiglio è un film che sfrutta i conflitti personali dei singoli personaggi per inquadrare un conflitto più grande, che non lascia scampo: la guerra. Pietro a tal proposito dirà: “È come se sei vivo però non proprio. È come se sei tu ma non sei più tu.”
👁️ Guarda l’intervista a Giuseppe De Domenico.
E adesso non perderti tutti gli eventi del weekend!
🎹concerti
giovedì 26 settembre, alle 19.00, al Teatro Vittorio Emanuele: Now and then, incontro sulla musica britannica a cura del prof. Pierpaolo Martino, a seguire concerto a cura degli studenti del Dipartimento di Musica Pop Rock del Conservatorio Corelli. Ingresso gratuito. Qui tutto il programma del Teatro Vittorio Emanuele;
giovedì 26 settembre, alle 21.30, a Il Cortile Segreto: Duo di Picche, con Ivan Trischitta e Simone Di Blasi;
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